Le affissioni cinematografiche più incantevoli di tutti i tempi

Le affissioni cinematografiche più incantevoli di tutti i tempi

Sarah Cantavalle Pubblicato il 6/10/2024

Le affissioni emblematiche che hanno segnato l’epoca del cinema
Dalle iniziali creazioni francesi di fine diciannovesimo secolo fino ai giorni nostri, il percorso delle affissioni cinematografiche si è intessuto con la storia dell’industria cinematografica e del mondo delle arti visive in generale. Prima della seconda Guerra Mondiale, i poster rappresentavano un metodo fondamentale per la promozione dei film, giocando un ruolo cruciale nel loro successo commerciale. Nel tempo, questi poster si sono trasformati in pezzi da collezione molto ricercati.

L’alba del poster cinematografico

Nella Francia di fine diciannovesimo, con l’emerger del cinema, nascono le prime affissioni cinematografiche. Jules Chéret e Marcellin Auzolle furono tra i primi a promuovere l’invenzione dei fratelli Lumière attraverso il linguaggio dell’Art Nouveau, contraddistinto da litografie piene di colori brillanti e figure minuziosamente dettagliate. Questi artisti del cinema avevano il compito di catturare l’essenza del film in un’immagine che potesse catturare l’attenzione dei passanti, dettagliando visivamente gli spettatori e le scene per aiutare il pubblico a comprendere se il film fosse adatto a un pubblico familiare e di che genere fosse (commedia, avventura, ecc.)

Il manifesto di Marcellin Auzolle che pubblicizzava l’invenzione dei fratelli Lumière, 1895.

Durante questo periodo, era comune l’uso di poster standardizzati, che potevano essere adattati per vari eventi aggiungendo di volta in volta dettagli specifici dello spettacolo. Un esempio è il poster di Adrien Barrère, dove lo spazio bianco dello schermo veniva riempito con una scena del film in questione.

Il manifesto creato da Adrien Barrère per i fratelli Pathè, 1908.

La propagazione dei poster cinematografici negli Stati Uniti

Con l’ascesa di Hollywood dopo la prima Guerra Mondiale e l’avvento dei primi film di lunga durata, le affissioni iniziarono a includere immagini del cast o dell’attore principale, il nome del regista, il titolo dell’opera e un breve riassunto della trama. La litografia a colori rimase il metodo di stampa preferito per la sua capacità di produrre illustrazioni di alta qualità, nonostante i costi elevati. Era frequente vedere i volti degli attori sui poster, ma per celebrità come Charlie Chaplin, Marlene Dietrich, Marilyn Monroe o Audrey Hepburn, l’intera superficie veniva dedicata al loro ritratto, contribuendo così al fenomeno del star system.

Il manifesto in stile Art Decò di “Venere bionda”, il film con Marlene Dietrich uscito nelle sale nel 1932.

Negli anni ’50 negli Stati Uniti, registi quali Otto Preminger, Billy Wilder e Alfred Hitchcock cominciarono a gestire in modo indipendente la promozione dei loro film, affidandosi alla creatività di Saul Bass. Questo designer statunitense rivoluzionò l’identità visiva dei loro lavori, dalla realizzazione dei titoli di testa e coda alle affissioni, adottando uno stile innovativo, minimale e di grande impatto visivo. Bass fu pioniere nell’usare un linguaggio simbolico, fatto di colori vivaci e forme geometriche, per sintetizzare il tema dei film.

La locandina creata sa Saul Bass per il film “Anatomia di un omicidio” nel 1959.

Il suo lavoro più noto è forse l’introduzione di “Anatomia di un omicidio” di Otto Preminger, dove parti di un corpo iniziavano a muoversi entrando ed uscendo dalla scena, accompagnate da musica jazz, concetto ripreso anche nella locandina del film.

La locandina del film “La donna che visse due volte” disegnata da Saul Bass nel 1958.

Nell’Italia del dopoguerra, il neorealismo trovò espressione anche nelle affissioni cinematografiche, con artisti come Anselmo Ballester e Ercole Brini che realizzavano poster, spesso a acquerello, che catturavano l’essenza delle storie di vita quotidiana raccontate da registi come Luchino Visconti, Vittorio De Sica e Roberto Rossellini. L’immagine scelta da Brini per “Ladri di biciclette” è un esempio di come un’immagine dolce e delicata potesse alleggerire la cruda realtà rappresentata nel film.

La locandina firmata da Ercole Brini per il film di Vittorio De Sica “Ladri di biciclette”.

Con gli anni ’60, l’arrivo della televisione spinse Hollywood verso produzioni sempre più ambiziose. In questo contesto, l’artista inglese Philip Castle introdusse l’uso dell’aerografo, che permetteva di ottenere immagini nitide e dettagliate, adatte a rappresentare il realismo crudo di opere come quelle di Stanley Kubrick. Contestualmente, anche l’illustratore americano Bob Peak utilizzava l’aerografo per creare le locandine di alcuni dei film più iconici del periodo.

Il poster progettato da Philip Castle per il film “Arancia Meccanica” nel 1971.

Nello stesso periodo, anche l’illustratore statunitense Bob Peak iniziò a usare l’aerografo per rappresentare alcune delle pellicole più famose degli anni ‘60 e ‘70, da “Apocalypse Now” a “Star Trek”.

Il poster progettato da Bob Peak per il film “Star Trek” nel 1979.

L’era della locandina fotografica

L’avvento dei videoregistratori e successivamente di Internet e delle pay TV ha portato a un cambiamento nel design delle locandine, con la fotografia che ha sostituito l’illustrazione. Nonostante questo, alcuni poster come quello di “Kill Bill” o “Moon” hanno saputo distinguersi, combinando con successo grafica e fotografia per un risultato unico e memorabile.