Le scelte tipografiche di Stanley Kubrick

Le scelte tipografiche di Stanley Kubrick

Giovanni Blandino Pubblicato il 6/10/2024

Stanley Kubrick è considerato uno dei registi più celebri di tutti i tempi, se non il più famoso. Nonostante abbia realizzato solo 13 film in quasi cinquant’anni di carriera, in ciascuno di essi ha esplorato a fondo sentimenti, storie e ambientazioni sempre diverse: dallo spazio profondo alla guerra in Vietnam, dall’antica Roma all’intima psicologia di una coppia.

Le sequenze dei suoi film sembrano essersi impresse, più o meno inconsciamente, nel nostro immaginario – il monolite di “2001: Odissea nello spazio”, l’accetta di Jack Nicholson in “Shining”, la pedicure di “Lolita” e la camminata dei drughi in “Arancia meccanica”.

Ma quali sono i caratteri tipografici che Kubrick ha utilizzato per introdurre scene così potenti? E quali aneddoti si celano dietro il lettering delle sue locandine più famose? Oggi vi proponiamo una carrellata dei font scelti da Kubrick in alcuni dei suoi lungometraggi più famosi, insieme a una curiosa analisi delle sue passioni tipografiche.

Il dottor Stranamore

Stanley Kubrick nella sua filmografia è riuscito a spaziare dal thriller al film di guerra, dal film storico a quello erotico. Con “Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba”, uscito nel 1964 e suo settimo film, si cimenta con la commedia.

In questa satira nera, Kubrick mette a dura prova il suo pubblico portando nei cinema una parodia della Guerra Fredda proprio negli anni di massima tensione del conflitto tra Stati Uniti e Russia. Il film è ricco di elementi dissonanti – umorismo e tematiche drammatiche, pulsioni erotiche e morte – che secondo molti critici rappresentano il binario su cui si regge tutto il film.

Anche i titoli iniziali giocano sul contrasto, accoppiando un lettering quasi infantile a una scena che ritrae il rifornimento aereo di un velivolo militare (secondo alcuni una metafora dell’atto sessuale). La realizzazione dei titoli è affidata a Pablo Ferro, designer cubano che fino a quel momento si era occupato principalmente di pubblicità. In seguito, collaborerà con Kubrick anche per il trailer ipnotico di “Arancia meccanica” e firmerà i titoli di oltre 100 film, tra cui “La Famiglia Addams”, “Men in Black” e “Beetlejuice”.

Il lettering di Pablo Ferro si discosta da quelli usati più comunemente fino a quel momento nel cinema: è informale, straordinariamente allungato e sottile. Perfetto per ciò che voleva Kubrick: mostrare contemporaneamente il testo e le importanti immagini sullo sfondo. Funzionò talmente bene che il regista riempì l’intera schermata con i crediti!

2001: Odissea nello spazio

Anche “2001: Odissea nello spazio”, il film di Kubrick a tema fantascientifico, esce in un momento particolarmente significativo: è il 1968 e appena un anno dopo l’uomo avrebbe messo piede per la prima volta sulla Luna.

I titoli di testa sono probabilmente i più iconici di tutta la produzione del regista, con le immagini di un’alba ripresa dallo spazio, accompagnata dalle indimenticabili note di Richard Strauss. Il titolo del film appare con i caratteri estremamente leggibili e definiti del Gill Sans, forse uno tra i più classici font sans-serif, tanto da essere definito “l’Helvetica britannico”.

Eric Gill disegnò il font nel 1928, basandosi sul carattere tipografico usato al tempo nella metropolitana di Londra e con l’intento di competere con una serie di font senza grazie molto in voga in quel periodo, tra cui il Futura. Il font ebbe un immediato successo ed è oggi usato in molti famosi loghi, tra cui quello dell’emittente britannica BBC e del brand Tommy Hilfiger. Una curiosità: nel titolo del film di Kubrick, gli zero di “2001” sono resi con il carattere della lettera O.

Per la locandina di “2001: Odissea nello spazio”, Kubrick sceglie invece proprio il font Futura, uno dei suoi preferiti. A rendere ancora più intrigante il legame tra l’allunaggio e il film di Kubrick, c’è il fatto che la targa lasciata sulla Luna dall’equipaggio americano è incisa proprio in Futura.

Shining

Che Stanley Kubrick fosse perfezionista ed estremamente puntiglioso è cosa nota. Pochi forse sanno però che le sue severe esigenze riguardavano anche il lettering. Un aneddoto riguarda proprio uno dei suoi capolavori: il thriller psicologico “Shining”, uscito nel 1980.

Il lettering utilizzato nella locandina fu realizzato da Saul Bass, il grafico e illustratore newyorkese che rivoluzionò il mondo del cinema con i suoi titoli e locandine cinematografiche – creando veri e propri capolavori per Hitchcock (“Vertigo”, “La donna che visse due volte”, “Intrigo internazionale”), Ridley Scott (“Alien”) e lo stesso Kubrick (“Spartacus”). Ma la fama di Saul Bass non lo salvò dalla puntigliosità di Kubrick.

Saul Bass presentò ben cinque bozze per la locandina di “Shining”, ma nessuna soddisfò il regista, che criticò il lettering scelto: “troppo difficile da leggere” o “non abbastanza compatto”, commentò Kubrick. Si racconta che il regista gli fece realizzare oltre 300 bozzetti prima di essere soddisfatto.

Pensando alla scena iniziale di “Shining”, è difficile non provare una particolare angoscia: un campo lunghissimo segue l’auto della famiglia mentre si insinua in un paesaggio sperduto e montano, la musica crea preoccupazione, e il tocco finale è dato dal font. Un neutro Helvetica – anche questo uno dei sans-serif più famosi – contrasta con tutto il resto grazie a un elemento altamente disturbante: il colore.

Barry Lyndon

“Barry Lyndon” (1975) è il secondo film con ambientazione storica di Kubrick, che segue le avventure – e soprattutto le disavventure – di un gentiluomo irlandese nell’Europa del Settecento. È un film fortemente visivo in cui l’estetica è curata in maniera maniacale: è tutto girato con luce naturale, candele e lampade a olio, grazie a un particolare obiettivo realizzato dalle ottiche Zeiss per la NASA.

“Barry Lyndon” è anche un’opera che si discosta dal resto della produzione di Kubrick per due motivi: è particolarmente lontano dai temi usuali del regista ed è uno dei rarissimi casi in cui sono utilizzati caratteri graziati, con svolazzi particolarmente pronunciati. Complice l’intervento di Bill Gold che, dopo settimane di intenso scambio di idee con il regista, disegnerà la locandina e l’intero alfabeto di caratteri che Kubrick utilizzerà nel film, inclusi i titoli di testa e dei singoli capitoli.

Bill Gold è un grafico conosciuto per aver realizzato centinaia di locandine cinematografiche, tra cui quelle di “Casablanca”, “L’esorcista”, “Delitto perfetto”, e per la sua lunga collaborazione con Clint Eastwood.

Eyes Wide Shut

“Eyes Wide Shut” è l’ultimo film di Stanley Kubrick, uscito nel 1999, lo stesso anno della sua morte. È un dramma con tinte erotiche. I titoli di testa vengono mostrati a tutto schermo su fondo nero, sono definiti e pesanti, ma ci lasciano intravedere per un momento, come da una fessura, la sequenza in cui Nicole Kidman lascia cadere il suo vestito. Il font utilizzato per i titoli è il Futura, nella variante Extra Bold.

In un’intervista di qualche anno fa, Tony Frewin – lo storico assistente personale di Kubrick – racconta di come il Futura fosse il carattere tipografico preferito del regista e di come spesso tentava, inutilmente, di convincerlo a usare dei font graziati. In realtà, Kubrick non utilizzerà il Futura così frequentemente: nei titoli di testa lo vediamo solo nel suo ultimo film, anche se verrà effettivamente scelto in diversi poster e trailer.

Dunque, la ricchezza visiva delle pellicole di Stanley Kubrick è spesso accompagnata da font classici, puliti e senza grazie. Caratteri tipografici semplici che in mano ad altri registi potrebbero sembrare banali, ma che Kubrick, attraverso la sua tecnica cinematografica, rende potenti e indimenticabili insieme alle scene più famose dei suoi film. Questa è una delle magie di Stanley Kubrick: trasformare in icone gli elementi più semplici e fondamentali, siano essi font o sentimenti.