Cinque macchine che hanno cambiato il mondo della stampa

Cinque macchine che hanno cambiato il mondo della stampa

Giovanni Blandino Pubblicato il 6/7/2024

Idee, iniziative imprenditoriali, clamorose dimenticanze, brevetti e inventori… questi sono solo alcuni degli elementi delle storie che vi stiamo per raccontare: oggi vi presentiamo cinque macchine che, a partire dall’Ottocento, hanno rivoluzionato il mondo della stampa.

Tipografi, scienziati e inventori non hanno mai smesso di cercare miglioramenti alla straordinaria invenzione di Gutenberg: la stampa a caratteri mobili. In particolare, dall’Ottocento in poi, alcune ingegnose macchine hanno cercato di facilitare varie attività legate alla stampa, come la composizione delle pagine, la creazione dei caratteri e la stampa stessa.

Linotype, rotativa, macchina di stampa offset e Lumitype sono alcune delle invenzioni che, per motivi diversi, hanno avuto grande successo e hanno contribuito a definire ciò che oggi chiamiamo “stampa”. Queste macchine hanno permesso di stampare di più, più velocemente e con maggiore efficienza, traghettando la stampa dalla rivoluzione industriale a quella digitale.

La rotativa

Grandi rulli dove scorrono a velocità incredibili i giornali appena stampati, chi non ha questa immagine in mente? Le rotative sono oggi parte dell’immaginario comune, ma questa invenzione è apparsa relativamente tardi nella storia della stampa. Solo nell’Ottocento si iniziò a pensare a un sistema che sostituisse la pressa tipografica, rimasta sostanzialmente invariata dai tempi di Gutenberg.

L’idea è semplice: sostituire tutte le superfici piane degli organi di stampa con cilindri in rotazione, un cilindro sostiene la forma inchiostrata, l’altro sostiene il foglio. Può sembrare un’invenzione di poco conto, ma passare dalla pressa tipografica piana al cilindro rivoluzionò il mondo della stampa, permettendo di sfruttare molto più efficacemente le scoperte della rivoluzione industriale: la macchina a vapore e, successivamente, l’energia elettrica. Tutto divenne più veloce, più grande, più efficiente: si avviò la stampa come processo industriale.

Ci si arrivò per gradi e grazie a una serie di intuizioni.

Nel 1814 l’inventore tedesco Friedrich Koenig mise a punto la prima pressa pianocilindrica azionata a vapore, che aumentava la velocità di stampa da 300 a 1100 fogli all’ora. Trent’anni dopo, l’americano Richard March Hoe migliorò quella invenzione realizzando la prima vera rotativa. Qualche anno dopo sostituì i fogli singoli con le bobine, ovvero grandi nastri di carta.

Una rotativa a sei cilindri degli anni Sessanta dell’Ottocento

La prima rotativa tipografica di questo tipo fu installata al Times di Londra nel 1870 e produceva circa 12.000 segnature di 4 pagine l’ora. Oggi alcune rotative fanno viaggiare i fogli a circa 30 km/h e stampano oltre 60.000 copie all’ora.

La macchina di stampa offset su carta

Questa è la prima macchina di stampa offset su carta, nata per un errore. Ma ci arriviamo tra un attimo.

Stampante litografica offset di Rubel (Immagine: National Museum of American History)

La tecnica di stampa offset è una delle invenzioni rese possibili dal meccanismo della rotativa. Si basa infatti su tre cilindri: l’immagine è trasferita dalla forma inchiostrata a un cilindro intermedio rivestito di caucciù e da questo al supporto di stampa.

Proprio il trasferimento dell’immagine sul caucciù nacque per… una dimenticanza. Nel 1901 il litografo americano Ira Washington Rubel si dimenticò di inserire il foglio nella pressa litografica che stava usando, così l’immagine rimase impressa sul caucciù del cilindro che serviva per tenere salda la carta. Quando, accortosi dell’errore, inserì il foglio tra i cilindri, Rubel notò che la stampa dal cilindro di caucciù era molto più definita di quella dalla matrice in pietra.

Rubel capì immediatamente l’importanza della sua scoperta. Mise a punto la prima macchina di stampa offset basata su questo principio in una piccola fabbrica di New York. Il primo modello fu acquistato dalla Union Lithographic Company of San Francisco nel 1905 e fu spedito verso la costa ovest. Ma un terribile terremoto a San Francisco e un incendio al porto di Oakland ritardarono l’arrivo e la messa in funzione della macchina, che iniziò ad essere utilizzata solo nel 1907, stampando circa 2500 fogli all’ora.

Questa macchina è ora conservata allo Smithsonian Institute di Washington.

Linotype

Dall’invenzione della stampa fino all’età industriale, c’era un’attività rimasta immutata per quattro secoli: la composizione delle pagine.

Immagine: Smithsonian Institute

Nelle vivaci botteghe degli editori del Quattrocento così come nelle grandi tipografie ottocentesche, il compositore continuava a lavorare manualmente, sistemando carattere su carattere per formare le righe nel compositoio. La pagina così creata era pronta per essere inchiostrata e mandata in stampa. Dopodiché, il compositore doveva scomporre la pagina.

Con l’invenzione della macchina a vapore e l’inizio della rivoluzione industriale si cercò di meccanizzare questa operazione, ma per molti anni le invenzioni si susseguirono senza particolare successo. Poi arrivò la linotype.

Inventata nel 1881 da un tedesco emigrato negli Stati Uniti, Ottmar Mergenthaler, la Linotype (contrazione di “line of types”, ovvero linea di caratteri) rivoluzionò il mondo della stampa, diffondendosi rapidamente e rivoluzionando il settore.

Fu la prima macchina per la composizione tipografica automatica: si trattava di una sorta di macchina da scrivere collegata a una mini-fonderia. Il linotipista digitava il testo su una tastiera, la pressione di un tasto liberava la matrice del carattere corrispondente che andava a “cadere” sulla riga di testo. Una volta completata la riga, questa veniva automaticamente trasportata in un’altra area della macchina dove veniva colato del metallo fuso all’interno delle matrici, formando così un’intera riga. Le righe fuse e impilate venivano infine inchiostrate e usate per imprimere i caratteri sui fogli.

La prima linotype fu installata nel 1886 al New York Tribune. La macchina era estremamente complessa, composta da migliaia di parti, e la storia della sua invenzione è fatta di continue migliorie portate avanti con uno spirito imprenditoriale vivace.

Nel 1889 la linotype vinse il “Grand Prix” all’Esposizione mondiale di Parigi e in pochi anni si diffuse capillarmente nelle tipografie di mezzo mondo. Solo con l’avvento della fotocomposizione negli anni Settanta, questa straordinaria macchina iniziò a cadere in disuso.

La Lumitype e la fotocomposizione

A metà del Novecento il processo di composizione “a caldo” della Linotype inizia a essere sostituito dalla composizione “a freddo”. È un’altra rivoluzione: nasce la fotocomposizione. Non si usano più linee di caratteri fusi al momento; la composizione della pagina viene eseguita su una macchina e impressa su pellicola tramite una fotounità.

Dalla pellicola si potevano più facilmente impressionare le lastre da utilizzare nella stampa offset.

Lumitype 550 del 1965 (Immagine: Rama [CC BY-SA 3.0])

La prima macchina per la fotocomposizione si chiamava Lumitype e fu inventata nel 1946 da due ingegneri elettrici francesi: René Higonnet e Louis Moyroud. I due dovettero trasferirsi negli Stati Uniti per trovare qualcuno interessato alla loro invenzione: nacque così la Lumitype Photon, prodotta dalla Lithomat a New York nel 1949.

Il primo libro interamente impaginato con la fotocomposizione si intitolava “The Wonderful World of Insects” e nella quarta di copertina si trovavano queste parole: “Siamo orgogliosi che il libro sia stato scelto per essere la prima opera composta con questa macchina rivoluzionaria…”

Negli anni Settanta la fotocomposizione divenne più economica e liberò le energie creative anche delle piccole tipografie: era possibile utilizzare una quantità di font inimmaginabile prima d’ora, stamparli in ogni dimensione e combinarli facilmente con immagini e grafica.

Il computer

A determinare il declino della fotocompositrice fu un’altra straordinaria macchina: il computer.

Un Apple Macintosh del 1984. Immagine: Smithsonian Institute

A partire dagli anni Ottanta la diffusione degli strumenti informatici permise di comporre la pagina sul videoterminale. Quest’ultima poteva essere realizzata con la tecnica Computer to film, che permette di ricavare la pellicola e successivamente usarla per la creazione delle forme da stampa; oppure con la tecnica Computer to plate, che consente di ottenere direttamente le forme da stampa, eliminando tutti i passaggi della fotocomposizione (montaggio, esposizione e sviluppo pellicole, esposizione e sviluppo lastre).

I personal computer iniziarono a comparire in ogni casa, rendendo possibile a chiunque impaginare i propri documenti e, con l’invenzione delle stampanti inkjet e laser, stampare in casa propria. È l’inizio della rivoluzione digitale… ma questa è tutta un’altra storia.

Quale sarà la prossima macchina che cambierà radicalmente il mondo della stampa?